Da Castello a Agriturismo!
La Storia
La Villa padronale è di impianto ottocentesco con pianta che tende spazi simmetrici e sfalsati tra loro in quota, la facciata sul retro è quella principale e con scalea centrale affaccia su un giardino all'italiana. La Villa si sviluppa su tre piani sfalsati, da una ampia cantina sottostante e di una galleria, lunga 50m., ove sono site antiche botti di legno per l'invecchiamento del vino; si suddivide in 6 ampie stanze decorate a tempera, di cui due hanno il loro salotto di pertinenza; una sala colazione ed un salone comune.
Vi è notizia documentata dell'esistenza di parte del complesso già dal 1200 (il castello appunto) che veniva utilizzato come residenza di campagna annessa ricchi vigneti da nobili tuderti , soprattutto del periodo della vendemmia a cavallo tra le due stagioni dell'estate e del autunno. Il complesso, detto "Villa Sobrano", costituendo un avamposto della strada che conduceva a Montecastrilli e di seguito a Roma, fu poi fortificato ed in seguito si arricchì di altri volumi tra cui la villa padronale.
Cenni Storici sul Castello di Sobrano
La complessa struttura difensiva del comune di Todi fin dal XIII secolo risultava composta da una serie di castelli che, distribuiti per tutto il vasto comitatus tuderte, costituivano una articolata e ben organizzata rete di insediamenti perfettamente coordinati tra di loro a livello bellico, logistico e amministrativo. In questo sofisticato meccanismo si inserisce a pieno titolo Sobrano. Le sue vicende storiche sono ampiamente documentate da materiali storico-documentario: la struttura architettonica, permette di leggere senza difficoltà le varie evoluzioni e stratificazioni subite da Sobrano: da castello a residenza di villeggiatura. Va evidenziata da ultima la sua posizione geografica: posizionato davanti al percorso di una delle più importanti vie di comunicazioni del territorio tuderte: la strada detta "delle Sette Valli" che da Todi portava a San Gemini a da qui si congiungeva alla Flaminia.
Un percorso di grande rilevanza sia militare che economica su cui Sobrano, grazie alla sua posizione, svolgeva un ruolo di primissimo piano, sicuramente fin dall'età romana, probabilmente con la funzione di statio. Sono ancora ben visibili a poca distanza da Sobrano i resti di Casa Maccione che dal medioevo in avanti assolveva al ruolo di Osteria per tutti coloro che transitavano lungo questa trafficata arteria viaria. Troviamo menzionata Sobrano già in una antica cronaca tuderte che narra dei leggendari fatti accaduti in età etrusca quando Todi era chiamata la città di Eclis e i tuderti eclensi. In questa epoca i narnesi, che avevano attaccato Todi, in ritirata ed in fuga avevano trovato scampo sul Colle Sobrano.
Nel XIII secolo il comune di Todi fu diviso in distretti territoriali che facevano capo, prendendone anche il nome, alle antiche pievi di età paleocristiana. Fu così che si vennero a creare 19 unità territoriali chiamate plebati. Sobrano era inserito nel plebato di Santa Maria di Rosceto, di cui facevano parte anche gli insediamenti di Cecognole, San marco, Pogiolo de Magnaccis, Serchiano, San Martino de Fulignano, San Sero, Cammorata, Fiaccianelli, Romagnano, Illiani e Rosceto. Nel libro dei Fuochi, ossia delle famiglie, del 1290, Sobrano risulta abitata da 27 fuochi cioè 27 famiglie e, considerando la media di 5 persone a nucleo familiare, si deduce che vi fossero circa 135 persone, rappresentando così il nucleo più popolato dell'intero plebato, ancor più del castello di Rosceto abitato da 22 famiglie. Sia nel Liber Focorum che nei catasti del 1300 si parla di Villa Sobrani, tale definizione è indicativa per meglio comprendere la funzione ed il ruolo del complesso. Infatti con il termine villa si vuole indicare l'assenza di mura di difesa e quindi si esclude una funzione prettamente bellica che invece competeva ai castelli: i castra forniti di mura ricoprivano quindi un loro ruolo difensivo. Nel plebato di Santa Maria di Rosceto troviamo solo Rosceto indicato come castrum il resto delle località sono ville, prive quindi di mura di difesa come già detto, le quali però assolvevano al delicato compito degli approvvigionamenti e del supporto logistico; specialmente Sobrano che si trovava in una collocazione di forte ausiliarità nei confronti del castello di Rosceto, sia per la vicinanza a questo sia per la sua posizione antistante la via delle Sette Valli, punto nodale per i collegamento con la città di Todi.
Gli eruditi del secolo XVIII hanno attribuito l'origine del nome di Sobrano alla qualità del terreno ove si coltiva la vite, poiché Stazio chiama Sobrie questa qualità di ville che hanno un vino dal sapore particolarmente delicato e gradevole. All'interno dell'abitato vi erano in passato due chiese: la prima dedicata a San Clemente che già risultava semi diruta nel 1765 quando ne era rettore il Reverendo Don Carlo Mortini, l'altra dedicata a San Sebastiano. Sobrano apparteneva alla nobile famiglia todina dei Valenti. Le prime notizie di questa risalgono al 1344 quando troviamo menzionato Lello di Jacobello tra 1400 uomini eletti dal comune di Todi. Mariotto Valenti nel 1509 fortificò Sobrano per far fronte alle devastanti lotte tra Atti e Chiaravalle che dilaniavano il territorio di Todi. A tal proposito si legge in un documento: Marioctus de Valentibus dominus castri Sobrani, reparavit dictum castrum et fortilitium pro conservatione sue familie. Tra i tanti illustri personaggi della famiglia Valenti ricordiamo Vittorio Valenti che nel 1570 fu cavaliere di San Paolo, Orazio Valenti nel 1581 fu cavaliere del Cristo. La famiglia oltre al fortilizio di Sobrano possedeva nelle immediate vicinanze l'altro castello chiamato ancora Torre Valenti.
A Todi avevano costruito l'elegante palazzo rinascimentale ai piedi del tempio di San Fortunato (oggi Zatti) dove ancora sull'architrave del portale è inciso il nome di Vittorio Valenti. Le sorti del castello di Sobrano e di tutta l'intera proprietà continuarono ad essere legate a quelle della famiglia Valenti, quando alla fine del XVII secolo Flaminia Valenti, ultima discendente, sposò il conte Alessandro Fredi lasciando tutto il patrimonio Valenti a quest'altra nobilissima ed altrettanto antica famiglia tuderte. I Fredi erano venuti in Italia al seguito dell'imperatore Ottone I ed erano stati infeudati del castello di Gagliole sopra Massa Martana, agli inizi del XIII secolo acquistarono il castello di Civitella Massa (oggi Civitella del Lago) divenendone i signori. Grazie ai Fredi Sobrano fu nuovamente trasformato da fortilizio ad accogliente Villa di campagna, sede dell'estesa tenuta agraria della famiglia ed al tempo stesso delizioso luogo di villeggiatura.
É questo il periodo più splendido e ricco di avvenimenti per Sobrano che nella seconda metà del XVIII secolo diventa luogo di villeggiatura dei conti Fredi e di tutta l'aristocrazia tuderte e non solo. ì qui che nel mese di ottobre si svolgevano le così dette "ottobrate", si svuotavano i palazzi cittadini per trasferirsi con tutta la servitù e gli innumerevoli bagagli nelle residenze di campagna. Un vortice di feste di giochi di inviti di cacce alle palombe animava tutta la campagna tuderte e l'invito più ambito era quello a Sobrano, ospiti dai conti Fredi. Le varie ville dei nobili tuderti si trovavano tutte molto vicine, così da permettere frequenti scambi di visite, facendo tappa nei vari castelli: Torrececcocinella villeggiatura dei Benedettoni, Chioano dei Paolucci Mancinelli, Monticello dei Prosperi e così via. I giorni di villeggiatura trascorsi a Sobrano sono stati "immortalati" nelle memorie dell'abate Domenico Salvati che alla fine del XVIII secolo ebbe modo di scrivere le sue memorie sotto il titolo di "Cronache mondane e politiche", il testo, manoscritto è una incredibile descrizione degli avvenimenti tuderti sullo scorcio del XVIII secolo, incentrati soprattutto sulle vicende delle nobili famiglie di Todi di cui il Salvati era molto spesso intimo amico.
Le memorie dell'abate furono scritte proprio in occasione, come egli scrive, "di una lunga villeggiatura fatta nel mese di maggio dell'anno 1785 nella villa di Sobrano Diocesi di Todi, Feudo del Sig. Conte Ridolfo Fredi" e continua "Partimmo ai primi del mese e perchè riuscisse più allegra e brillante la permanenza vennero due cavalieri il conte Lucio Fredi e Benedetto Benedettoni. Durante la vacanza riceviamo la visita di molte dame e cavalieri perchè la villa aveva accesso comodo restando questa sulla strada romana solo 5 miglia distante da Todi". Sobrano quindi era come già detto una delle mete più ambite del così detto "giro della villeggiatura" per la nobiltà, todina e non solo. I Fredi dopo un lungo periodo di splendore e di ricchezza seguirono il triste destino di molte casate aristocratiche di Todi, sfiancate da debiti e da una cattiva gestione dei beni. Questo portò alla vendita di tutta la tenuta di Sobrano compresa la Villa nel 1832 a Domenico Pellegrini, ricco notaio di Todi, ed al nobile Antonio Sensini Orfini. Quest'ultimo nel 1839 rileverà anche la parte spettante al socio Domenico Pellegrini divenendo così proprietario dell'intera tenuta.
Antonio Sensini lascierà i suoi beni in parte agli eredi ed in parte alla istituzione benefica da lui voluta che andava sotto il nome di Opera Pia Sensini Orfini. Nel 1888 alcune case di Sobrano vengono acquistate e poi trasformate in residenza signorile dal nobile Vincenzo Palmucci, di antica e facoltosa famiglia originaria del castello di Marcellano. Il resto della tenuta ed il nucleo centrale dell'abitato viene comprato nel 1904 all'asta da Angelo Cortesi.
Infine nel 1931 anche quest'altra parte di Sobrano, insieme al resto della tenuta, viene comprato da Giuseppe Palmucci che unifica così in un solo proprietario tutta la tenuta. Nell'annuario di Todi del 1927 troviano scritto a proposito di questa Villa " Oggi il castello ben conservato in parte, domina un gruppo di vasti fabbricati nuovi, decorati da un giardino e chiusi da un muro di cinta: questi fabbricati costituiscono infatti il palazzo di villeggiatura di proprietà di Giuseppe Palmucci e la sede della sua amministrazione. Una sola chiesa si trova sul luogo, e questa è stata rifatta nel 1925, su disegno del professore Pollione Moriconi, sopra gli avanzi di una vecchia chiesa. La elegante costruzione ed il campanile a vela sono in mattoni con decorazioni in cemento; nei muri sono stati inseriti, con opportuno provvedimento, diversi frammenti in pietra di epoca romana, trovati nei terreni circostanti; uno di questi frammenti è parte di un grande fregio con metope e triglifi". A cura del Dott. Filippo Orsini